Il sig. Sergio Roedner, istruttore e autore di diversi libri sul karate, ha cortesemente risposto ad alcune domande su questa antica arte marziale.
Come sempre, anche se pur brevi, le sue risposte non sono mai scontate e sono spunto di riflessione e pensieri da applicare nella vita reale.
1. Quale è la prima idea o considerazione che dovrebbe avere una persona pensando al karate?
Il karate è un’attività seria, non uno sport qualunque. Non andrebbe intrapreso, interrotto, ripreso con leggerezza.
L’aspetto della difesa personale non dovrebbe mai mancare, mentre oggi si dà troppo peso all’aspetto agonistico.
2. Con i ritmi frenetici che la vita quotidiana propone, con un mondo esterno che ti fa sembrare sempre più piccolo, secondo lei iniziare a praticare karate potrebbe migliorare o aiutare una persona o un giovane a prendere consapevolezza di sé, del proprio posto e di quello che sta facendo?
Direi di sì: se non altro permette di ritagliarsi uno spazio (non importa se di due ore alla settimana o un’ora tutti i giorni) in cui ci si dedica coscientemente e intenzionalmente al miglioramento (fisico, morale, psichico) di se stessi.
3. In allenamento o in gara l’impegno fisico è notevole, ma lo sono anche sforzo e concentrazione mentale. Nei momenti di difficoltà che si verificano nel karate, cosi come nella vita di tutti i giorni, bisogna cercare di trovare un modo per continuare ad andare avanti. Quale pensiero, metodo o tecnica potrebbero favorire una uscita dal periodo negativo?
Il maestro Fugazza (che è il mio attuale insegnante) dice spesso che nei momenti di difficoltà bisogna rimanere aggrappati a ciò che si è e che si sa, rimandando il progresso a un momento migliore ma senza mai cedere e interrompere la pratica. E’ molto più facile allenarsi sempre che farlo in modo discontinuo.
4. Tasto molto dolente sono lo sport e l’educazione fisica nella scuola, assai limitati al giorno d’oggi per non dire assenti. Senza aprire un dibattito molto “scottante”, a suo parere, il karate si dovrebbe insegnare già a partire dalle elementari oppure dovrebbe rimanere nel Dojo?
Non capisco se la domanda riguarda l’opportunità di insegnare karate in ambito scolastico o si riferisce all’età ideale in cui cominciare. In ogni caso 7-8 anni va bene, anche se il momento migliore è l’inizio della scuola media inferiore. Importante è adattare gradualmente i ragazzi al karate, non il karate ai ragazzi.
5. Si dice spesso che il peggior nemico che abbiamo siamo noi stessi. In che modo praticare karate può aiutare a migliorare o sviluppare il nostro io?
Questa domanda è semplice: ci insegna a non cedere alla fatica, alla paura, al dolore: a scoprire che il nostro limite è un po’ più in là di quello che credevamo.
6. Combattimento – kumite. Trovarsi davanti un altro atleta che vuole batterti, o meglio vincere, non è semplice. Il discorso è soggettivo, ma con quale spirito si dovrebbe affrontare questa sfida ?
Dobbiamo vederla come una battaglia da vincere per poi capire che, anche nella vita, le difficoltà devono essere superate?
Combattere serve per vincere la paura, come sostenere un esame. E’ normale avere paura e non bisogna vergognarsene, ma si deve cercare di superarla attraverso la pratica dell’allenamento.
Senza impegnarsi a fondo nei combattimenti fondamentali, nel jiyu ippon kumite e nel kumite di palestra (oggi troppo raro) non si dovrebbero affrontare gare di kumite.
7. Nella nostra palestra sono presenti anche ragazze che praticano karate. Dal suo punto di vista, che consigli si sentirebbe di dare a queste giovani atlete ?
Le ragazze devono pretendere di essere trattate come i loro compagni, insistere perché i ragazzi facciano forte con loro e non arrabbiarsi per un contatto un po’ rude (ovviamente involontario). Devono resistere all’umana tentazione di mettersi in coppia tra di loro, a meno che lo ordini il maestro (cosa che non dovrebbe fare), Devono tirare fuori tutta la forza che c’è in loro, senza accontentarsi dello stile. I miei migliori allievi in 40 anni di insegnamento sono state due ragazze.
8. Un aneddoto particolare o divertente che ricorda ancora oggi ?
Il mio primo incontro col maestro Shirai. Contrariamente a tutte le immagini arcigne che si proiettano di lui, si divertiva a tirare una serie di pugni al naso di Gastone, il gestore della palestra, fermandoli a contatto pelle mentre si sentiva il rumore dello spostamento dell’aria. Mi ha conquistato subito