Intervista Claudio Ciampichetti
Intervista a Claudio Ciampichetti – cintura nera IV°dan, assistente istruttore Fikta e istruttore Uisp. Le sue risposte sono molto interessanti e piene di suggerimenti, frutto di esperienza di una persona e karateka che pratica da più di 20 anni. Da leggere.
Quale è la prima idea o considerazione che una persona dovrebbe avere pensando al karate ?
Il karate tradizionale non può essere annoverato tra gli sport anche se nei tempi moderni si pratica il karate sportivo. L’idea di una persona che si avvicina al karate è quella di voler intraprendere una crescita personale attraverso la pratica fisica.
Con i ritmi frenetici che oggi la vita quotidiana propone, il karate può essere un modo per prendere consapevolezza di se e per capire cosa stiamo facendo ?
La vita odierna non permette di fermarci troppo a riflettere e comprendere la parte più profonda del nostro io (spirito o anima). Durante l’allenamento di karate, invece, anche se in palestra siamo con altre persone, ci troviamo a combattere contro noi stessi, i nostri limiti, i nostri difetti. Per assurdo siamo soli con noi stessi. Questo permette di migliorare, anche al di fuori del dojo , sia a livello fisico ma soprattutto caratteriale.
Quali sono i primi tre valori, secondo te, che dovrebbe avere un atleta che pratica karate ?
I valori che dovrebbe avere un praticante di karate si rispecchiano nel dojo kun che sono le regole da seguire nel dojo: carattere, sincerità, spirito, comportamento, autocontrollo. Tutte queste regole stanno ad indicare lo scopo del nostro lavoro di ricerca e allenamento.
Si dice spesso che il peggior nemico che abbiamo siamo noi stessi. In che modo il karate può aiutare a migliorare il nostro io ?
Come dicevo prima il karate aiuta a superare i propri limiti spostandoli ogni volta più avanti. Questo percorso di continuo miglioramento fisico, caratteriale e spirituale avviene quasi naturalmente con l’allenamento. Ricordo una frase che all’inizio del mio percorso era incomprensibile, che poi con il passare degli anni e degli allenamenti si è rivelata più chiaramente nel suo senso più profondo: vincere se stessi. Questa frase veniva ripetuta dal maestro quasi ad ogni allenamento, specialmente quando le forze venivano meno per i duri esercizi.
Anche se siamo una piccola realtà, insegnare karate è un fatto di enorme responsabilità verso se stessi e verso gli altri. Come vivi e gestisci la tua posizione di istruttore di karate ?
Essere istruttore è un ruolo di responsabilità, oggi anche per preservare l’incolumità degli allievi. Ma la principale responsabilità è quella di conservare e trasmettere la vera essenza del karate come arte marziale nei suoi principi filosofici attraverso l’allenamento fisico.
Nel karate esiste anche il combattimento. Essere davanti ad un altro atleta che vuole batterti non è semplice, per nessuno. Quali sensazioni e quali pensieri si manifestano nella testa dell’atleta prima del combattimento ?
Il combattimento( Kumite) è la parte pratica di questa arte marziale. Naturalmente le sensazioni sono diverse se ad affrontarci è un principiante o un atleta esperto. Ricordo che da principiante (tanti anni fa) il pensiero, oltre una certa paura di soccombere, era quella di voler vincere . Con l’esperienza i pensieri si fanno più elaborati pensando alla strategia, al tipo di avversario che hai davanti, ai suoi punti deboli, al tuo stato fisico ecc.
Mente e corpo: entità separate o unite? Cosa ne pensi a riguardo ?
Direi che mente e corpo viaggiano all’unisono. Avendo studiato anche Medicina cinese questo è risaputo ormai da millenni. In una mente sana c’è un corpo sano e viceversa. Importante quindi, oltre curare il proprio corpo attraverso l’allenamento e l’alimentazione è prendersi cura anche della propria mente con pratiche di meditazione che indirettamente sono praticate anche durante l’allenamento.
Karate No Shugyou Wa Issho De Aru: il karate si pratica tutta la vita. Che ne pensi, a parole tue, di questa affermazione e che spiegazione puoi dare ?
Certo il karate si può praticare tutta la vita come ci insegna il Maestro Shirai che alla veneranda età di 83 anni ancora pratica e insegna con dedizione e vigore. Anche in palestra abbiamo i veterani che svolgono allenamento con impegno in relazione,naturalmente, alla loro età. Ma un significato più profondo ci insegna che la pratica del karate continua fuori dalla palestra nella vita di tutti i giorni e per tutta la vita .
Una fatto importante che vorrei sottolineare è che, oltre la crescita personale psico-fisica, la palestra ti permette di conoscere persone straordinarie con le quali si creano un gruppo di amici dentro e fuori dal dojo.